A LEZIONE DI CUCINA CON I ROMANI: IL LIBUM

Anche la cucina può diventare un’occasione per apprendere: dopotutto anch’essa ha una sua storia e una
sua tradizione, racchiude conoscenze maturate nel tempo e può celare molte curiosità! Un periodo
particolare come questo ci offre più tempo libero del solito in cui possiamo unire l’utile al dilettevole:
perché non cacciare la noia e dedicare un po’ di tempo a sperimentare e imparare?
Ci viene in aiuto Marco Porcio Catone, politico e scrittore vissuto tra il III e il II secolo a.C.: nel De agri
cultura egli dedicò spazio alla cucina, consigliando ricette basate sui prodotti della terra e che rimandavano
a una società rurale e semplice come la Roma delle origini, lontana dal lusso dell’Oriente. Alcune ricette
ancora oggi incontrano i nostri gusti: possiamo cimentarci nel cosiddetto libum, focaccia realizzata con
formaggio molle e farina e cotta su un letto di foglie, offerta a Giove dagli sposi durante il matrimonio,
oppure offerta agli Dei come libagione durante i sacrifici… non a caso libum proviene dal verbo libare, che
significa “fare una libagione”.
Così Catone descriveva la ricetta:
“Libum hoc modo facito. Casei P. II bene disterat in mortario. Ubi bene distriverit, farinae siligineae
libram aut, si voles tenerius esse, selibram similaginis eodem indito permiscetoque cum caseo bene.
Ovum unum addito et una permisceto bene. Inde panem facito, folia subdito, in foco caldo sub testu
coquito leniter.” (Catone, De Agri Cultura, LXXV)
Tradotto liberamente:
“Preparerai in questo modo il Libum. Sciogli bene in un mortaio due libbre di formaggio. Quando lo
avrai reso del tutto omogeneo impasta bene col formaggio una libbra di farina o, se lo vuoi più
leggero, mezza libbra. Aggiungi un uovo e di nuovo impasta tutto attentamente. Forma la pagnotta,
ponila sopra un letto di foglie e falla cuocere lentamente in un forno caldo.”
Tra gli ingredienti, figura per primo il “caseum”, ovvero il formaggio. Non viene specificato di che formaggio
si tratti: oggi solitamente si utilizza la ricotta in questo tipo di preparazione, ma all’epoca erano molto
utilizzati anche altri tipi di formaggi con un sapore più deciso, come formaggi di pecora o capra. Erano
infatti quelli i più diffusi nella dieta di un antico romano: pare che solo verso il I secolo a.C. si iniziò a
produrre anche il formaggio dal latte vaccino.
Come secondo ingrediente fondamentale Catone nomina la “farina siligina”. Questa farina, equivalente al
nostro fior di grano, veniva ottenuta dal grano tenero, ed era ottima per panificare. Era preferita rispetto
alla farina di farro (cereale inizialmente più consumato nella cucina romana) in quanto rendeva focacce e
pane meno duri: dal V secolo a.C. tale prodotto cominciò a “competere” con la farina di farro.
Anche le folia citate avevano un importante ruolo nella preparazione, poiché ad esse era affidato il compito
di insaporire il piatto. Molto probabilmente venivano utilizzate a tal scopo le foglie dell’alloro, pianta di
ampio utilizzo nella Roma antica, e particolarmente adatta a questo tipo di ricetta. Per insaporire e condire,
sappiamo dagli autori antichi che il sale non era molto usato, soprattutto per il costo e il suo uso riservato
alla conservazione dei cibi. Molto spazio avevano però le spezie provenienti dall’Oriente, nonché le comuni
erbe aromatiche.
E per quanto riguarda le quantità?
All’epoca non si utilizzava ancora il grammo: la base delle misure di peso nell’antica Roma era la libbra,
citata anche da Catone nella ricetta. Essa corrispondeva a circa 327 grammi: ne deduciamo quindi che nella
nostra ricetta si dovrebbero usare più di 600 grammi di formaggio e più di 300 grammi di farine. Ma badate
bene: nelle ricette antiche non era così comune specificare le quantità degli ingredienti utilizzati, lasciando
a chi cucina il compito di dover dosare tutto!
Noi proponiamo un’interpretazione di questa antica ricetta, riaggiustando le quantità e gli ingredienti per
10 focaccine/una pagnotta:

– 250 gr di ricotta
– 120 gr (o un po’ meno per avere focaccine più morbide) di farina 00 o tipo 1
– 1 uovo
– un pizzico di sale
– foglie di alloro
In una ciotola, ammorbidire la ricotta, quindi unirla alla farina in modo omogeneo. Aggiungere un uovo e un
pizzico di sale, quindi amalgamare il tutto fino ad ottenere un impasto morbido. A questo punto potete
decidere se cuocere l’impasto come un unico pane (come suggerito nella ricetta catoniana) oppure se farne
piccole focaccine, formando delle palline. Inoltre, la ricetta suggerisce di cuocere il tutto su un letto di foglie
per dare più sapore: l’alloro (lavato e oliato) è una buona scelta, oppure si possono aggiungere del
rosmarino e dell’origano quanto basta. Quindi, coprire una teglia con carta da forno, cospargerla con un po’
d’olio, le foglie d’alloro o il rosmarino e l’origano, e sistemare sopra l’impasto. Infine, cuocere in forno
preriscaldato a 180°C per 20 minuti circa, o comunque fino alla doratura.
Potete consumare questa piccola focaccia come antipasto, accompagnata da salumi, formaggi, frutta secca
o miele.
Buon appetito!

 

Autore dell'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.