VACANZE…ROMANE

L’inizio di settembre porta con sé gli ultimi strascichi delle vacanze, e il tanto temuto ritorno sui banchi di scuola e al lavoro. Quest’anno il periodo estivo è stato piuttosto particolare, ma probabilmente in molti si sono concessi almeno un giorno fuori porta.

Per sognare ancora un po’, ecco un interessante quesito: nel mondo antico, esistevano le vacanze?

Si può dire che siano stati proprio gli antichi Romani i primi a concepire il concetto di “vacanza” come noi lo intendiamo: distinguevano tra negotium, ovvero il tempo dedicato agli impegni quotidiani, e otium, il riposo. I patrizi romani potevano permettersi di “staccare” dalla vita quotidiana per un certo periodo di tempo, allontanarsi dal caotico e stressante mondo della città per rifugiarsi presso località più tranquille, godendo del tempo libero.

Questo desiderio di viaggiare per diletto fu la spinta che portò allo sviluppo di alloggi (stationes) per turisti sia lungo le vie imperiali sia presso importanti località (sedi di templi, mercati, terme…). Addirittura, si crearono le  prime forme di organizzazione del turismo, offrendo servizi di trasporto e servizi di guide, e addirittura negozi di souvenirs! Non mancavano nemmeno le mappe stradali, allora chiamate itinera: esse  contenevano informazioni sul tragitto da compiere, sulle distanze da percorrere e sulla presenza di luoghi di ristoro.

Chi poteva permetterselo faceva costruire grandi ville nelle zone di campagna o di collina, oppure lungo la costa. Ad esempio, così il poeta Orazio parlava della tanto amata campagna nei suoi versi: “O campagna, quando ti rivedrò? E quando mi sarà concesso trascorrere la mia vita affannosa in un piacevole oblio, tra i libri di antichi autori, il sonno e il dolce far niente?” (Satire: II, 6, vv. 60-63) E Plinio il Giovane così elogiava la vista di cui godeva dalla sua villa sul litorale romano: “O mare, oh, lido, o vero e unico tempio delle Muse!” (“Lettere”, II,17)

Particolarmente apprezzate erano anche la costa napoletana, amalfitana e sorrentina, con località come i Campi Flegrei, Pozzuoli, Baia, Posillipo, Capo Miseno, Stabia, l’isola di Capri, veri e propri centri della vita mondana. Ad esempio, il poeta Marziale descrisse Baia con questi termini: “Baia, spiaggia dorata della gioiosa Venere, Baia, dolce dono della splendida natura, Baia, o Flacco, anche se la lodassi con mille versi non la loderei mai in modo abbastanza degno”. (“Epigrammi”, XI, 80)

Ma anche le terre fuori dall’Italia esercitavano un certo fascino, soprattutto le province orientali.

L’Egitto era una delle mete più ambite, per via dei riti religiosi e della cultura esotica e dei maestosi monumenti. Sulle piramidi di Giza o nelle tombe sotterranee della Valle dei Re, ancora sono visibili testimonianze di antichi viaggiatori che incisero nomi, date, addirittura commenti! Sappiamo che un centurione, Ianuarius, visitò la tomba di Ramses IV con la figlia Ianuarina (“Io, Ianuarius, primo centurione della legione, ho visto e ammirato il luogo con mia figlia Ianuarina. Saluti a tutti.”).
Come un utente di tripadvisor ante litteram, un altro turista avvertì che la visita non gli era piaciuta affatto e che aveva apprezzato solo il sarcofago. L’avvocato Bourichios invece, commentò i geroglifici in toni non proprio lusinghieri: “non riesco a leggere!” E si rammaricò di non poter risolvere il mistero di questa scrittura. E proprio come in un moderno social network, un empatico turista, forse suo contemporaneo, scrisse in risposta: “sei troppo duro con te stesso!

E forse ci ricordano un po’ noi stessi mentre guardiamo con nostalgia vecchie foto o commentiamo quelle che gli amici caricano online.

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