CARLO SCARPA A CASTELVECCHIO

Carlo Scarpa lavorò alla ristrutturazione del museo di Castelvecchio a Verona in varie fasi, tra il 1957 e il 1964 e infine nel 1967 e nel 1973. Questo progetto, tra i suoi lavori maggiori, occupa una posizione centrale nella sua carriera. E’ preceduto dal progetto per il negozio Olivetti a Venezia e dai progetti per i musei di Palermo, Possagno e per il Correr di Venezia ed è seguito da casa Ottolenghi, dalla costruzione postuma della Banca Popolare di Venezia e, naturalmente, dal progetto più significativo della sua intera opera, il cimitero Brion. Durante il periodo dei lavori a Castelvecchio Scarpa lavorò ad altri progetti quali la Querini Stampaglia a Venezia e il padiglione di Torino “Il senso del colore e il dominio dell’acqua” questi due ultimi sono di particolare rilevanza per il progetto di Castelvecchio e si influenzeranno reciprocamente. Il punto di più alta concentrazione espressiva, com’è sempre stato osservato, corrisponde all’ampio spazio articolato intorno alla statua equestre di Cangrande, diventata quasi l’emblema del museo. E’ questa, d’altra parte, l’opera del museo che Scarpa aveva preso per prima in considerazione. Risponde al principio metodologico fondamentale nelle sue sistemazioni di sculture o grandi dipinti: dare all’oggetto una collocazione che, nel tener conto della funzione monumentale cui originariamente era destinato, possa conferirgli contemporaneamente una leggibilità museologicamente corretta, rendendolo godibile di inediti punti di vista, al fine di arricchirne la comprensione critica. Nel caso del collocamento della statua equestre di Cangrande, ci troviamo di fronte ad un caso di restauro esemplare di un grande brano di architettura medievale, liberato dalle aggiunte arbitrarie, modernamente risarcito delle parti mancanti, ricongiunto ad un inserto ricavando in un contesto discontinuo uno spazio aperto non monumentale, e museologicamente protetto ma in modo non estraniante. L’apparizione della stupenda statua, che torna più volte sotto lo sguardo dell’osservatore, diventa un punto ricorrente e centrale della visita. E’ il perno del percorso museale e la posizione stessa baricentrica, quasi di cerniera dell’intero complesso castellare, costituisce il supporto concettuale della scelta conclusiva di un collocamento tanto geniale. La fortuna critica del museo di Castelvecchio è affidata alla coerenza dell’operazione di restauro e di museologia. In queste realizzazioni di Scarpa, infatti, è posto in opera un modello di invenzione architettonica legato ai problemi della cultura italiana – e non solo italiana – della seconda metà del nostro secolo. Il museo è diventato perciò un punto di riferimento tuttora di piena attualità per i problemi – strettamente connessi – del restauro degli edifici antichi e dei centri storici.

 

Fonti: Alba Di Lieto, Arrigo Rudi, Francesco Dal Cò e Giuseppe Mazzariol.

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